Volente o nolente, è qualcosa con cui dovremo sempre più confrontarci. Fare finta di nulla è impossibile, mentre non essere capaci di organizzare un’efficace “controffensiva” in grado di contenerne la strabordante influenza, rischia di trasformarsi in un clamoroso match point a favore dell’avversario. Le parole pronunciate pochi giorni fa dal presidente Xi Jinping, in videoconferenza con il World Ecoomic Forum di Davos, testimoniano chiaramente come la Cina non abbia alcuna intenzione di indietreggiare rispetto al ruolo di super potenza che si è conquistata, difendendo a spada tratta la globalizzazione e l’apertura dei mercati e mettendo in guardia l’Occidente contro il rischio di “conseguenze catastrofiche” derivanti da uno scontro globale. Insomma, con la Cina bisognerà fare i conti ma, appunto, soprattutto Italia ed Europa dovranno riflettere attentamente sulle opportunità, ma anche sui molteplici rischi di un confronto aperto con il colosso asiatico che gioca la sua partita con grande aggressività e spregiudicatezza, potendo contare sulla divisione delle democrazia occidentali e anche sulla loro fragilità: la Cina non è solo un colosso a livello economico, politico e militare, ma è anche un Paese guidato da un regime che agisce come un tutt’uno, mentre l’Europa è apparsa molto spesso divisa e tentennante nell’abbozzare delle efficaci strategie comuni. Solo di recente il veccho Continente ha iniziato a capire che il prezzo di un’azione indecisa e frammentata rischia di essere elevatissimo. D’altro canto, soltanto un’Europa in grado di affrontare la Cina in modo coeso e altrettanto intraprendente sarà in grado di sfidarla a viso aperto e trarre anche delle opportunità per la propria economia. Per centrare l’obiettivo, però, Bruxelles dovrà incalzare Pechino proprio sul terreno in cui, fino ad oggi, la capitale asiatica è stata capace di attuare una concorrenza sleale, vendendo a prezzi stracciati i propri prodotti e facendo finire fuori mercato le aziende occidentali. Ora, con questa grande e ambiziosa strategia economica messa in campo dal Celeste Impero con la nuova Via della Seta, il livello della competizione si è ulteriormente innalzato. Sapremo essere all’altezza? (ar)
La Via della Seta è un insieme di rotte commerciali e di percorsi carovanieri che unisce la Cina e tutta l’Asia orientale con il bacino del Mediterraneo e il Medio Oriente. Il suo nome fu coniato dallo studioso tedesco von Richtofen (Seidenstrassen) per indicare tutti quei movimenti e traffici che già a partire dal I secolo a.C. intercorrevano tra queste due aree del mondo. Di fatti, la seta cominciò ad essere esportata soprattutto a partire dal 200 a.C. quando cominciò ad essere utilizzata come “moneta” per pagare i tributi che gli xiongnu, i primi nomadi delle steppe che entrarono in contatto con la Cina nella seconda metà del IV sec. a.C., dovevano corrispondere all’imperatore. Più tardi, il mondo romano la conobbe attraverso gli stendardi dei parti nella battaglia di Carre (53 a.C.) e da allora ne divenne il principale consumatore determinando l’incremento dei traffici commerciali tra Occidente e Oriente...
Valentina Cattivelli
Ricercatrice
e EU Project Manager
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