Due lustri nel segno di Stradivari. E non solo. Ne abbiamo discusso con il curatore della collezione presente al Museo del Violino, il maestro Fausto Cacciatori.
L’anniversario di oggi è un traguardo corale, costruito attraverso il dialogo fra vari attori. Vorremmo approfondire questo aspetto, profondo ma po’ distante dalla percezione del fruitore medio.
«Questo decennio è trascorso in crescendo, con risultati evidenti: fra i più significativi c’è l’incremento dei visitatori, sia alle sale delle esposizioni sia alle audizioni. Il Museo del Violino è riuscito ad essere, secondo me, un museo moderno. Ciò significa calarsi in una realtà locale, costruendo legami forti e positivi con le istituzioni. Oltre al valore della collezione - negli anni si è arricchita attraverso diversi acquisti della fondazione Arvedi-Buschini, i depositi e le donazioni private - affiancherei il valore della ricerca storica e scientifica, favorita dal rapporto proficuo con le università (l’ateneo di Pavia e il Politecnico di Milano) e le attività di formazione - i laboratori didattici per le scuole primarie e secondarie -, rivolta alle nuove generazioni. Da sottolineare anche il rapporto con la comunità dei liutai e Cr.Forma, altra importante realtà cittadina che accompagna i giovani nel mondo del lavoro. Non ultimo il conservatorio, grazie al quale abbiamo proposto audizioni speciali che hanno coinvolto anche i bambini».
La settimana scorsa siete stati testimoni e ambasciatori del ‘brand’ Stradivari in terra francese. Ci parli della mostra di Parigi, con una particolare attenzione sul violino forma “G”. Perché è così importante?
«Il Cremonese 1715 è il simbolo della nostra città nonché felice esempio di forma “G”, la foggia che Stradivari ha adottato per la costruzione di questo capolavoro. Il prossimo anno arriverà dalla Francia uno strumento della loro collezione, il leggendario “Sarasate”, che il violinista spagnolo donò al conservatorio di Parigi. Fu poi imbracciato da Joseph Joachim per poi approdare al Musée de la Musique. Questa collaborazione include un’approfondita ricerca scientifica sullo strumento. La decade fra il 1710 e il 1720, lo ricordo, è considerata il periodo durante il quale Stradivari avrebbe costruito i suoi strumenti migliori. Il Cremonese - ecco uno dei motivi della sua importanza - entra a pieno titolo in questo decennio d’oro».
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