Gli anni delle superiori sono quelli decisivi, quelli in cui gli alunni entrano nella scuola ragazzi ed escono adulti, quelli in cui i gruppetti, prima spontaneamente e rigorosamente divisi in maschi da una parte e femmine dall’altra, cominciano a mischiarsi tra loro. Cambia evidentemente qualcosa, è un’età magica. Impossibile raccontarla senza ascoltare il punto di vista di chi la sta vivendo. Al liceo “Vida” di Cremona ci hanno accolto per parlarne Sara, Ludovico, Giorgia, Sofia, tutti di 16 anni, e Carolina di 17.
Sara, su cosa è improntata la relazione coi coetanei maschi?
«Abbiamo con loro alcuni argomenti in comune, come lo sport o la scuola, se sono nostri compagni di classe. Al di fuori di questo, i ragazzi tendono ancora a star per lo più coi ragazzi e le ragazze con le ragazze, benché qui al “Vida” vi siano iniziative, come il progetto “Rondine”, mirate proprio alla cura delle relazioni ed alla gestione dei conflitti, che aiutano a renderli generativi ed a unire la classe».
Il contesto sociale aiuta?
«In realtà, la società oggi impone che qualsiasi cosa un ragazzo faccia contro una ragazza sia sempre e per forza troppo grave, quando, in realtà, se l’avesse fatta una ragazza ad un ragazzo, nessuno avrebbe detto niente. La gente è molto disinformata, si vive la paura. Spesso non si vuole nemmeno chiedere aiuto per situazioni, che accadono in casa come fuori. Nei giorni scorsi mi sono recata in un centro commerciale con mia nonna ed il cane. Qui mi ha avvicinata un quarantenne, che continuava a parlarmi, a far complimenti con molta insistenza, ci ha seguite sino alla macchina, poi sono riuscita a mandarlo via. Lui ha proseguito a far schiamazzi e fischi, mentre ci allontanavamo. Mia nonna si è spaventata tanto quanto me. Un altro episodio capitatomi: io gioco a pallavolo. Durante una partita, uno dei miei allenatori mi ha preso in una maniera abbastanza decisa per le braccia e mi ha portata in disparte, perché doveva parlarmi. Una signora, al termine della partita, è venuta da me, dicendomi che lo avrebbe denunciato, perché l’atto compiuto, nonostante non fosse a me parsa una violenza, per lei lo era e doveva assolutamente testimoniarlo, in quanto anche sua figlia giocava nello stesso contesto e non voleva che le capitasse qualcosa di simile. È evidente come vi sia moltissima paura in giro, soprattutto tra ragazze, tra donne e credo che adesso la società renda troppo normale tutto questo. Io in quel momento non mi sono sentita minacciata dall’allenatore, non ero impaurita, sapevo che il suo era stato un gesto fatto perché mi conosceva, però tra donna e donna spesso si sente molto il terrore ed il (...)».
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