Spesso si associa il mondo dell’arte ai massimi canoni di bellezza, di esaltazione della perfezione, di un mondo idilliaco quasi lontano dalla realtà che possa trasportare l’osservatore in una dimensione distante, inarrivabile, incontaminata. Sicuramente nel corso dei secoli una buona parte della produzione artistica sposa il concetto di bellezza assoluta, di perfezione ma non è possibile pensare a millenni di storia dell’arte proiettata solo verso la comunicazione del “bello”. La ragione si può ricercare attraverso due grandi concetti legati al mondo dell’arte: il primo scopo assoluto della produzione artistica non è produrre bellezza ma comunicare. In secondo luogo è necessario porsi alcune domande fondamentali: cosa si intende per bellezza? Quali sono i canoni di bellezza applicati nel corso dei secoli?
Rispettando il pensiero del singolo uomo che si approccia al mondo dell’arte e che può esprimere un proprio giudizio relativo alla bellezza di un oggetto, il mondo della critica ha cercato di stabilire alcuni canoni di riferimento che aiutano a comprendere come il tema del “bello” sia stato sviluppato dagli artisti nel corso dei secoli.
Senza screditare la produzione risalente alla preistoria o all’epoca etrusca, il primo tentativo di mettere in risalto il canone di bellezza si compie attraverso l’arte classica (greca e romana) dove, soprattutto le forme umane, diventano occasione per studiare anatomia, mettere a confronto dettagli e stabilire misure e linee che rispecchiano la perfezione secondo il pensiero antico. La stessa operazione è applicata anche nell’architettura: gli edifici rispettano proporzioni e dimensioni che, secondo la cultura del tempo, erano considerate perfette; cerchio, triangolo e quadrato erano le forme privilegiate per poter creare ambienti belli, accoglienti e “corretti” in termini geometrici.
Con l’avvento del cristianesimo e gli episodi bellici diffusi in tutto il territorio italiano, l’arte cambia il suo aspetto e sembra aver dimenticato la perfezione delle forme di una tipica “Venere di Milo” in funzione di rappresentazioni più simboliche. Anche i materiali si differenziano e, abbandonando quasi totalmente il (...).
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