Un fondo per evitare il rischio disoccupazione ai lavoratori colpiti dalle crisi aziendali, dovute all’emergenza sanitaria: in questo, in sostanza, consiste il fondo Sure (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency), cui 17 Paesi Ue hanno già aderito ed a beneficio dei quali la Commissione europea ha già stanziato un totale di 87,9 miliardi di euro in prestiti. L’Italia, con 27,4 miliardi di euro (di cui 16,5 già intascati), ne è il primo beneficiario, seguita dalla Spagna con 21,3 miliardi e poi dalla Polonia. Di questo si è parlato nel corso del seminario online, promosso nei giorni scorsi dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e dall’Inapp-Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche.
In pratica il fondo aiuterà ad affrontare gli aumenti della spesa pubblica per il mantenimento dell’occupazione, concorrendo a coprire i costi direttamente connessi all’istituzione o all’estensione di regimi nazionali di riduzione dell’orario di lavoro e di altre misure analoghe per i lavoratori autonomi. Nel nostro Paese serviranno anche a coprire misure come la cassa integrazione per l’emergenza Covid ed il bonus stanziato per autonomi e professionisti. Del resto, l’Italia, dal punto di vista degli ammortizzatori sociali, fa scuola, poiché è la nazione, che da più tempo ha elaborato tali soluzioni ed ha pertanto una vasta esperienza in merito: «Sì, siamo stati i primi in Europa a dotarci della cassa integrazione guadagni, subito dopo la seconda guerra mondiale – spiega il prof. Pietro Antonio Varesi, ordinario di Diritto del Lavoro presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Piacenza – Adesso anche altri Paesi hanno escogitato formule simili, con la grande crisi del 2008/2009 le hanno affinate e adesso le hanno ulteriormente potenziate...
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